Il rabbino capo di Roma, l’altro giorno, ha usato parole pesanti, o “ingenerose”, per dirla con il direttore dell’Osservatore romano (“patacca“, “propaganda“, “falsità“) a proposito del film su Pio XII trasmesso dalla Rai. La verità impone di dirlo, con ovvio disagio: chi conosce dall’interno il mondo cattolico sa che tra il “popolo delle parrocchie“, ma anche nella Gerarchia, cresce l’insofferenza per l’ostinazione con cui alcuni settori del mondo ebraico alimentano la leggenda nera su Pacelli, nonostante la miriade di documenti e di testimonianze che la smentiscono. A nulla serve, sembra, ricordare i messaggi di riconoscenza giunti a quel Papa da tutte le comunità israelitiche subito dopo la guerra e l’omaggio universale, a cominciare dai leader di Israele, alla sua morte, nel 1958. Ed è sceso il silenzio sul rabbino capo della Comunità di Roma, Israel Zolli, che nel 1945 chiese il battesimo e volle prendere il nome di Eugenio in segno di riconoscenza per quanto aveva fatto per gli ebrei colui che una sconcertante campagna, iniziata solo negli anni Sessanta, volle presentare come “il papa di Hitler“. Ma non caso parlavamo di “alcuni settori ebraici” soltanto. In effetti, nel 2007, la riunione plenaria della Congregazione per i Santi approvò all’unanimità il decreto sulla “eroicità delle virtù“ di Pacelli, che poteva quindi essere chiamato “venerabile“, l’ultima tappa prima della beatificazione. Ma quel decreto doveva essere approvato e promulgato dal papa. Benedetto XVI ha, nei riguardi di Pacelli non solo venerazione per l’uomo ma anche grandissima stima per il teologo: più volte ha ricordato che, dopo la Bibbia, le encicliche di Pio XII sono i testi più citati dal Vaticano II. Dunque, la sua intenzione era quella di firmare subito il decreto, ma fu avvertito che se lo avesse fatto si sarebbe interrotto il dialogo con Israele. Così, Benedetto XVI ordinò un supplemento di indagine negli archivi, anche se più volte già esplorati: la conclusione fu quella già ben nota. E che, cioè, sul piano storico non era possibile al Papa fare più di quanto avesse fatto (che non era poco: la maggioranza degli ebrei salvatisi in Italia, ma anche in altri Paesi, lo devono alla Chiesa) e qualunque altro atteggiamento avrebbe provocato una catastrofe ancor peggiore. Come avvenne in Olanda, dopo la protesta pubblica dell’episcopato per le deportazioni. Dunque, Benedetto XVI, nel dicembre scorso, ha rotto ogni ulteriore indugio e ha dichiarato “venerabile“ il suo amato predecessore . Ma la decisione è stata presa anche perché decine e decine di rabbini americani, riuniti a convegno, gli inviarono un messaggio con il quale si dissociavano nettamente dalla campagna di diffamazioni condotta da certi confratelli europei. Quei rabbini ricordavano come Pio XII fosse giunto a far rompere il sigillo della clausura dei monasteri per ospitare ebrei, travestiti poi da suore o da frati e muniti di documenti falsi forniti da stamperie ecclesiali. La preghiera per ottenere la beatificazione del Papa, approvata dal Presidente della CEI, è esplicita al proposito: “Ha aperto le braccia di Pietro, senza distinzione, a tutte le vittime dell’immane tragedia della II guerra mondiale”. E: “Con dottrina sicura e mite fermezza, ha guidato la Chiesa attraverso il mare agitato delle ideologie totalitarie“. Ora, però, la parola è a Dio e a nulla serviranno più proteste, sdegni, invettive. La causa di papa Pacelli per la Chiesa è finita: non resta che attendere la conferma divina, l’imprimatur del Cielo sulla convinzione degli uomini che Eugenio Pacelli ha vissuto sino in fondo,”in modo eroico“, le virtù evangeliche. Si attende, cioè, che siano vagliati i casi (uno soprattutto, nella diocesi di Sorrento: una donna incinta guarita da un linfoma maligno), inesplicabili per la scienza e, per la Chiesa, miracoli. Segni, cioè, della potenza di intercessione presso Cristo del candidato a essere venerato sugli altari come "Beato Pio XII". |
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