Hoje, voltamos a ele e ao mesmo texto, o prefácio à versão italiana de Islam et judéo-christianisme, ou, para ser mais rigoroso, a um resumo publicado no sítio Ecumenismo.
Fique com final:
(...)
L'Islam, che attraversa una fase di crescita, non sembra essere attratto dal Cristianesimo più di quanto non lo sia stato in passato. Viceversa, i cristiani sono attratti dalla religione musulmana, e possono persino essere tentati di convertirsi ad essa.
Quando nelle nostre librerie diamo un'occhiata alla letteratura favorevole all'Islam, per lo più opera di preti cristiani, osserviamo che l'attrattiva che questa religione esercita nasce da più sentimenti. Una certa critica della nostra modernità liberale, capitalista, individualista e competitiva è affascinata dalla civiltà musulmana tradizionale, alla quale attribuisce caratteri del tutto opposti, come la stabilità delle tradizioni, lo spirito comunitario, il calore nei rapporti umani. Questi ecclesiastici, disorientati a causa del raffreddarsi della fede e della pratica del culto nei Paesi cristiani -e in special modo in Europa -ammirano la devozione dei musulmani. Sono convinti che credere in qualcosa sia meglio che non credere in nulla, e si convincono che, dal momento che quelle persone credono, esse credano pressappoco nelle stesse cose in cui credono loro, non rendendosi conto di confondere la fede con la religione. Si rallegrano, inoltre, nel constatare l'alta considerazione di cui nel Corano godono Gesù e Maria, senza riflettere sul fatto che, rispetto ai Vangeli, quel Gesù e quella Maria hanno in comune soltanto il nome.
Tale aspetto è particolarmente grave, perché disturba le relazioni tra cristiani ed ebrei.
In questa prospettiva, infatti, i musulmani sembrano «migliori» degli ebrei, dal momento che onorano Gesù e Maria -cosa che gli ebrei non fanno. In tal modo si paragonano «simmetricamente» Islam e religione ebraica, con l'Islam che ne esce avvantaggiato. Ma anche gli ebrei fanno un simile confronto tra il Cristianesimo e l'Islam, e ancora una volta è quest'ultimo a risultare vincitore, dal momento che esprime un monoteismo che pone meno problemi di quello cristiano.
Tuttavia, i cristiani non possono accettare una simile «simmetria» e la Chiesa cattolica l'ha espressamente condannata: se l'accettasse, rinnegherebbe la propria derivazione da Abramo e da Israele; rinuncerebbe all'eredità davidica del Messia e trasformerebbe il Cristianesimo in un messaggio atemporale, tagliato fuori dalle proprie radici e dalla propria storia. In tal caso, il Vangelo si trasformerebbe in un altro Corano e si scioglierebbe nell'universalismo espresso dal libro dell'Islam.
Ecco perché occorrerebbe espungere dal lessico cristiano contemporaneo espressioni pericolose come «le tre religioni abramitiche», «le tre religioni rivelate» e persino «le tre religioni monoteistiche» (anche perché ce ne sono ben più di tre). La più falsa di tutte queste espressioni è «le tre religioni del Libro», perché essa non significa che l'Islam si rifà alla Bibbia, bensì che è prevista, per cristiani, ebrei, sabei e zoroastriani, una speciale categoria giuridica: essi sono la «gente del Libro», che ha diritto di elemosinare lo status di dhimmi, avendo salva la vita e i beni e scampando alla morte e alla schiavitù cui sono destinati i kafir, i pagani.
Il fatto che simili espressioni siano usate con tanta facilità è un segno che il mondo cristiano non è più in grado di distinguere chiaramente tra la propria religione e l'Islam. Siamo forse tornati ai tempi di San Giovanni Damasceno, quando ci si domandava se l'Islam non fosse una forma come un'altra di Cristianesimo? Non si può escludere che sia così. Per lo storico, non c'è nulla di nuovo: quando una Chiesa non sa più in cosa crede, né perché crede, scivola verso l'Islam senza nemmeno rendersene conto.
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